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Reykjavik rischia il collasso

di Riccardo Sorrentino

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7 ottobre 2008

Sembra sciogliersi, e molto in fretta. La crisi sta colpendo duramente l'Islanda: in una seduta difficile anche per la Borsa locale, la corona ha perso ieri, in un giorno solo, un quarto del suo valore mettendo a rischio la piccola economia nordica.
Reykjavik non è nuova a grandi sbalzi: in un'economia grande come quella di due quartieri di Milano o Roma basta un singolo investimento industriale per alterare tutti i parametri, dal Pil al deficit con l'estero, alla valuta. Quello che si è visto ieri, però, non ha precedenti: il cambio aveva chiuso venerdì a 155 per un euro, ieri è scivolato del 32%, fino a quota 230. A inizio anno la corona era a 91,63, e da allora la flessione ha raggiunto il 60 per cento.
Quello di ieri è stato dunque un vero tracollo accompagnato, in Borsa, da quello delle tre maggiori banche che sono state sospese per eccesso di ribasso malgrado il salvataggio statale già garantito alla Glitnir, il terzo istituto del Paese, e l'acquisizione da parte della società finanziaria Straumur-Burdaras delle attività della Landsbanki in Gran Bretagna, Irlanda ed Europa continentale. È per questo motivo che la crisi islandese preoccupa un po' tutti, a Londra soprattutto: nel Regno Unito almeno 55mila persone lavorano in aziende controllate da società di Reykjavik, con un giro d'affari di 7 miliardi di euro.
Non a caso, a scatenare la crisi di ieri sono state, tra l'altro, due notizie riguardanti proprio le attività all'estero. Il Governo, in primo luogo, ha chiesto ai fondi pensione di rimpatriare la loro liquidità. I fondi hanno così potuto promettere allo Stato il versamento di 200 miliardi di corone, ma in questo modo i mercati valutari si sono prosciugati di corone.
È poi circolata domenica l'indiscrezione secondo cui la Kaupthing Bank, la prima dell'isola, è in trattative con il Governo per cedere le sue attività all'estero. Il primo ministro Geir Haarde ha subito smentito, ma le sue dichiarazioni sembrano aver avuto l'effetto opposto a quello desiderato. Geir Haarde ha quindi dovuto convocare d'urgenza maggioranza e opposizione per mettere in piedi un piano di salvataggio d'urgenza che darà al Governo ampi poteri per evitare il caos.
Le difficoltà sui mercati, ancora una volta, sono state accompagnate da un intervento delle agenzie di rating. Fitch, che la settimana scorsa ha declassato il Paese (ad A-), ha dichiarato ieri che era necessario un tempestivo piano di salvataggio per il settore bancario.

riccardo.sorrentino@ilsole24ore.com

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